Cenni Storici

Il borgo sin dalle origini seguì sempre le vicende storiche e feudali di Trevico, dal quale dipese amministrativamente fino al 1958, anno della sua elevazione a comune autonomo.

Vallesaccarda è parte integrante della Baronia, area interna dell’Irpinia racchiusa da tre importanti vie di comunicazioni naturali: il torrente Fiumarella, il fiume Ufita, ed il fiume Calaggio. Proprio queste vie naturali ed i persorsi tratturali arcaici hanno consentito al territorio della Baronia e di Vallesaccarda di relazionarsi con il mondo esterno sin da epoche remote, essendo l’area una cerniera di collegamento tra mari e monti, tra l’ovest e l’est (i mari) e tra il nord ed il sud (l’appennino).

Sono state rinvenute numerose testimonianze archeologiche, soprattutto di epoca romana, nelle località Mattine, Civita, Monte Mauro e Taverna delle Noci, cioè nelle aree prossime alle antiche vie di comunicazione quali l’Aurelia-Aeclanensis ed il diverticolo che la collegava al Regio Tratturo e fin su alla Traiana. Ma alcuni studiosi ritengono che il primo insediamento, un piccolo borgo agricolo, fosse d’epoca paleocristiana. In effetti tutta l’area in epoca sannitica era caratterizzata da tanti “vici” sparsi sul territorio, che insieme formavano il “pagus” una sorta di distretto agricolo.

Una conferma scritturale dell’esistenza di edifici deriva dalle “Satire” del poeta latino Quinto Orazio Flacco (libro primo, 5, 79), il quale nella primavera dell’anno 37 a.C. raccontò della sua sosta, onde recuperare le forze perdute per il lungo viaggio, in una locanda, individuata quale “Taverna delle noci”, presso Trivici, oggi nel territorio di Vallesaccarda (ma al tempo “Tenimento” del vasto agro di Trevico), mentre era in viaggio verso Brindisi per una missione diplomatica in compagnia di Mecenate e Virgilio.

Con il disgregarsi dell’unità politica e militare dell’impero Romano e della sua successiva caduta, cambiano in Baronia le condizioni di vita e di stabilità. Le valli fluviali che per secoli avevano condotto genti attraverso questi monti diventarono i naturali canali di penetrazione dei popoli barbarici calati dal nord europa, i quali fecero strage di genti che, per tanti anni di pace, avevano vissuto in quelle ville rustiche che strutturavano il paesaggio dell’Ufita e della Fiumarella e nei centri principali come Aeclanum e Fioccaglie. Sotto i Longobardi e i Bizantini le genti dalle valli salirono in quota, posizionandosi su colline o alture, che sono le coordinate attuali dei paesi della Baronia.

L’importanza di (Tre)Vico si accrebbe nel tempo. Sotto i Normanni divenne diocesi e venne per la prima volta usato il termine Baronia nel 1122 per indicare i possedimenti di Riccardo filius Riccardi che divenne appunto barone di Trevico Contra e Flumeri. Non sappiamo quando l’abitato sia stato annesso come casale alla baronia di Vico. Esso doveva comunque esistere nella seconda metà del XII secolo, quando ne era signore Riccardo II de Formari, il quale anche da questo piccolo borgo inviò alcuni militi alla spedizione in Terra Santa organizzata da Guglielmo il Buono. Nel 1269 Carlo d’Angio fece dono del casale al francese Provenzale de Bruveriis, cui seguì nel 1134 Marco Aiossa. Acquistato nel 1343 da Raimondo del Balzo, lo ebbe per via matrimoniale Nicola Orsini nel 1375. Seguirono Raimondello del Balzo Orsini (1400), Giovanniantonio del Balzo Orsini (1416) e Pirro del Balzo (1454), cui l’intera Baronia fu tolta da Ferrante I° d’Aragona dopo la fallita Congiura dei Baroni. Nel 1507, dopo la battaglia di Cerignola che aveva visto la sconfitta dell’esercito francese, Vallesaccarda passò al capitano spagnolo Consalvo de Cordova, dalla cui figlia, Elvira, nel 1515 fu venduto a Francesco I° de Goffredo., Presidente del Sacro Consiglio Regio. Alla famiglia de Loffredo il paese rimase in possesso fino all’abolizione della feudalità (1806) con Francesco I (1537), Carlo II (1629), Francesco IV ( 1681), Carlo IV (1749), Francesco V (1791). Intorno al XVI secolo, il borgo era chiamato Vade Saccarda, da Vadum”, un passaggio pericoloso appartenente alla famiglia Saccardo de Vico, ivi residente. Nel Settecento Vallesaccarda si raccoglie intorno alla piccola chiesa dedicata all’Immacolata che con il suo campanile segna, lungo l’antico tratturo Trevico-Vallesaccarda-Anzano, un luogo di sosta per i tanti pellegrini che percorrono nei vari momenti dell’anno la strada, per e da, Trevico ed Anzano, in un pellegrinaggio che fonde tradizioni cristiane a riti pagani tuttora sentiti. Il tratto terminale della strada da Vallesaccarda a Trevico tuttora visibile prendeva il nome di “Lu Custon” a causa della sua terribile pendenza ed è rappresentato in un tondo di un pittore spagnolo datato 1695-1705 recuperato in occasione degli studi sul Cinquantenario del Comune. Con gli anni successivi all’unità d’Italia, anche queste terre pagarono il loro dazio in termine di emigrazione, soprattutto verso le Americhe e l’Australia. Ma nonostante tutto, il clima e l’abbondanza d’acqua consentirono comunque la possibilità di vita e sussistenza alle sue genti per molti anni ancora. Significativi sono stati i tre terremoti del XX secolo, che hanno contribuito nel bene e nel male al paese attuale. Con il terremoto del 1930 Vallesaccarda perde la sua antica Chiesa ma finalmente grazie alla rotabile San Sossio-Vallata esce dal suo isolamento. Con il 1962 c’è stato un eccezionale sviluppo urbanistico che ha ripreso ad alimentarsi con il 1980, cancellando purtroppo le poche tipicità architettoniche presenti. Negli ultimi anni si stanno riscoprendo molti aspetti del passato, nella storia, nelle tradizioni, nei costumi. Tutto questo grazie alle tante persone ed associazioni attive sul territorio, sintomo di vivacità e fermento culturale.